Morin, conoscenza, ignoranza, mistero

“La planetizzazione significa ormai comunità di destino per tutta l’umanità. Le nazioni consolidavano la coscienza delle loro comunità di destino con la minaccia incessante del nemico esterno. Ora, il nemico dell’umanità non è esterno. È nascosto in essa. La coscienza della comunità di destino ha bisogno non solo di pericoli comuni, ma anche di un’identità comune che non può essere la sola identità umana astratta, già riconosciuta da tutti, poco efficace a unirci; è l’identità che viene da un’entità paterna e materna, concretizzata dal termine patria, e che porta alla fraternità milioni di cittadini che non sono affatto consanguinei. Ecco che cosa manca, in qualche modo, perché si compia una comunità umana: la coscienza che siamo figli e cittadini della Terra-Patria. Non riusciamo ancora a riconoscerla come casa comune dell’umanità.” (Morin)

Un punto di vista di un grande filosofo e conoscitore delle dinamiche sociologiche che ci sta dando ancora dei suggerimenti più che attuali in questo mondo sempre più iper-connesso, ma in qualche modo seriamente sconnesso. Il tentativo di Morin è di illustrare il lunghissimo rapporto che si instaura fra la conoscenza e il sapere concreto. La sua domanda è quella di conoscere in maniera esatta le dinamiche della vita con le sue connessioni. Quando afferma l’amore del conoscere mette in luce che ne la ragione, ne l’intelletto, ne Dio riescono a spingere l’uomo verso nuovi orizzonti, ma cè bisogno di una nuova volontà e di un nuovo sentimento che metta in luce lo stupore e la meraviglia che è senza dubbio una sensazione che in questo momento di complessità viene purtroppo a mancare.

Morin accenna più volte all’idea di conoscenza che non coincide con la scienza per come si è secolarizzata e lo specialismo nei vari settori, ma a una conoscenza più complessa che si contamina con l’arte e la poesia. Il suo pensiero non vuole incentrarsi soltanto sulla strumentalizzazione e sulla sua frenesia e voracità del conoscere in sè per sè, ma mira a creare un nuovo stupore. Il sapiente è – secondo lo studioso – un uomo sempre curioso, amante del sapere disinteressato, delle implicazioni che porta il sapere in sè.

E’ un uomo che liberandosi dalle proprie ideologie e dalle funzioni socio religiose del conoscere si sporge già solo oltre i limiti della sua umanità.

La conoscenza purtroppo, oltre allo stupore, che è la sensazione chiave che viene ripresa in uno dei suoi libri come punto di partenza e di arrivo, è anche orrore per certe scelte che la nostra ingordigia ci porta a sviluppare delle filosofie negative e facendoci dimenticare la nostra Essenza, la particella spirituale che ci guida sul cammino. Stupore e meraviglia devo guidarci verso espressioni più alte anche nei gesti quotidiani, usare parole giuste ma mai offensive crea armonia nei dialoghi, confronto vero e nascita di idee e concetti profondi che possono aiutarci a superare le difficoltà. Mai cedere alla veemenza, all’arroganza, alla superbia, sono solo percorsi che puntano dritto al baratro della coscienza e con essa tutto ciò che di valore ha portato la conoscenza.

Attenzione, osservazione, meditazione devono essere il lume da seguire, per connetterci alla Verità e sconnetterci dalle menzogne.

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