Tra gli obiettivi che ci siamo preposti con questo blog e la nostra Onlus, cè quello di riproporre articoli e riflessioni di amici con cui abbiamo collaborato, poichè ogni spunto di qualsiasi natura esso sia, è un valore molto più importante di quello che si possa pensare e che arricchisce il nostro bagaglio quotidiano grazie ai momenti condivisi con le persone che ci stanno vicino. Questo progetto editoriale è divulgato anche tramite la newsletter settimanale.
Essere coinvolto con gli amici del progetto 4 Special e le persone che hanno realizzato la settimana indimenticabile passata a Sondalo questa estate, è per me motivo di grande gioia e soddisfazione. Tutti insieme facciamo parte del progetto FilosoficamenteParlando e di ChievoCuore Onlus per poter portare avanti quei progetti di inclusione e solidarietà che vedono coinvolte anche altre associazioni del volontariato.
Vi riproponiamo una riflessione dell’amica Giorgia Salvi sulla Filosofia del bene.
LA FILOSOFIA DEL BENE
Filosoficamente Parlando è un luogo di ritrovo che tratta principalmente di argomenti filosofici, ma non mancano anche approfondimenti su alcune tematiche molto attuali, riguardanti sempre la nostra vita.
Oggi parleremo di un concetto che sicuramente avrete già sentito molte volte, talvolta sottovalutato e talvolta mal interpretato: la filosofia del bene.
Che cos’è?
Molti autori e filosofi si sono, da sempre, interrogati su questo tema. Alcune loro conclusioni possono essere considerate contradditorie, altre complementari e alcune molto simili.
Vediamo insieme di che cosa stanno parlando.
Nella nostra vita ci si imbatte nel Male tanto quanto nel Bene, o forse addirittura più spesso. Altrettanto spesso capita di maneggiarlo a proprio uso e consumo senza neanche riflettere troppo, senza consultare prima la propria coscienza.
Molti si sono posti la fatidica domanda: “Perché l’uomo, delle volte, è spinto a compiere atti malvagi e dimentica il bene che potrebbe fare in alternativa?”
Come scrive “Patria Letteratura” nel suo omonimo blog: “questo modo di fare è indubbiamente dettato da una certa superficialità, ma è necessario tenere conto del fatto che la distinzione tra Bene e Male è filtrata dal soggettivismo che porta a valutare le proprie e le altrui azioni secondo criteri personali i quali, inevitabilmente, inducono a interpretare la natura delle proprie scelte in maniera del tutto individuale”.
Ma che cos’è il Bene, e che cos’è il Male?
Il Bene è sempre stato considerato una “giusta condotta”, un agire secondo leggi morali e forti principi dettati dall’esterno o auto-imposti; il Male, ovviamente, si esplica nel suo esatto contrario.
La concezione metafisica del Bene e del Male risale al mondo antico e medievale.
Secondo Platone (428 a.C. – 348 a.C.) il Bene consiste in ciò che dà verità agli oggetti conoscibili: è “la fonte di tutto ciò che è, sia esso parte dell’interiorità umana o di ciò che la circonda”.
Il filosofo ci aiuta ad intuire meglio questa spiegazione fornendoci una metafora: il sole che, levandosi in cielo, svela poco a poco gli elementi che compongono il reale nutrendoli con i suoi raggi. Il Bene, quindi, è una forza in grado di rivelare le cose, pur essendo ben al di sopra di esse.
In qualità di antitesi il Male non può che essere interpretato come “il non essere, negazione assoluta del Bene e quindi solo un «accidente della realtà»”.
Sull’argomento si è espresso anche, molto tempo dopo, il filosofo tedesco George Wilhelm F. Hegel (Stoccarda 1770 – Berlino 1831): il Bene viene definito come una libertà realizzata, lo scopo ultimo del mondo; il Male, al contrario, diventa la sua totale negazione. Il Bene non viene desiderato in qualità di perfezione della realtà, anzi: “esso è perfezione e realtà proprio perché viene desiderato”. Questa definizione risale ad Aristotele (384 a.C. – 322 a.C.) che, discepolo di Platone, è entrato in contatto anche con la dottrina metafisica assorbendone alcuni aspetti.
Il filosofo britannico Thomas Hobbes (1588–1679), invece, si accosta al soggettivismo affermando che “l’uomo definisce Bene l’oggetto del suo desiderio e Male l’oggetto della sua avversione”.
Anche Immanuel Kant (1724 – 1804) si è espresso sull’argomento dichiarando: «I soli oggetti di una ragion pratica sono il bene e il male. Col primo s’intende un oggetto necessario della facoltà di desiderare, col secondo un oggetto necessario della facoltà di aborrire, ma entrambi secondo il solo principio della ragione».
Insomma bene e male non sono realtà o irrealtà indipendenti, ma si attengono alla facoltà di desiderare dell’uomo.
L’interpretazione del Bene e nel Male dunque è inevitabilmente soggettiva.
Inizialmente ci siamo accostati a questo tema perché volevamo capire meglio che cosa fosse la “Filosofia del Bene”. Abbiamo, però, capito che non possiamo interessarci al Bene se non consideriamo anche il Male. Sono due realtà imprescindibili l’una dall’altra. Se vogliamo fare del bene, dobbiamo ricordarci sempre che dietro l’angolo potremmo cadere nella tentazione di compiere il male, dato che questi due elementi sono si diversi, ma in qualche modo collegati tra loro.
L’uomo, quindi, da sempre si interroga sulla natura del Bene e del Male. Ciò che possiamo dire è che sono due elementi che possono essere percepiti e analizzati dalla persona solo in modo soggettivo: ciò che è giusto e buono per me magari ha il significato opposto per il mio vicino.
Come fa l’uomo, allora, a convivere con tanti altri esseri umani così diversi l’uno dall’altro?
La risposta è semplice: l’uomo, fin dall’antichità, ha capito che solo nella diversità c’è vita.
Il bene, purtroppo, non ci sarebbe senza anche il male.
Io, donna, non ci sarei se non ci fosse anche un uomo.
E così, in maniera molto più complessa e articolata, è la nostra vita.
In conclusione, l’uomo è sempre stato affascinato e spinto a comprendere il Bene e il Male, forse perché dentro lui alberga il forte desiderio di bontà e di compiere azioni giuste. Purtroppo delle volte cade e sbaglia, ma ciò non lo fermerà mai dal pensare e desiderare il Bene, non solo per lui, ma per tutti.
O almeno cosi mi piace pensare.
Alla fine, aveva già capito tutto Giacomo Leopardi che, nel suo “Dialogo della Natura e un Islandese” la Natura dice: “Tu mostri non aver posto mente che la vita di quest’universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzione, cioè del Bene e del Male, collegati ambedue in maniera che ciascuno serva all’altro in modo continuo alla conservazione del mondo, il quale mancasse uno di questi elementi verrebbe parimenti in dissoluzione”.
La tua filosofia di vita
può essere uno spunto di riflessione per tanti, condividila.