Cittadella. La (non) festa di promozione

ROSÀ (VICENZA) – «Lo dico sinceramente, pensavo e speravo che questa sarebbe stata la festa della promozione in Serie A. È difficile per me trovare le parole per descrivere quello che provo, ma alla fine prevale tanto orgoglio per quanto abbiamo fatto». Parla poco prima della mezzanotte, il presidente del Cittadella Andrea Gabrielli, che è andato davvero a un passo dalla conquista della A domenica con il Verona in una finale playoff appassionante ma finita male per la piccola ma splendida realtà della città murata: «Mio padre ci ha guardato da lassù – spiega – ma non è bastato. A venti minuti dalla fine eravamo promossi, poi purtroppo è successo qualcosa che ci ha tolto questo sogno». La festa del Cittadella, che sarebbe dovuta essere nei sogni di tutti quella per la promozione nella massima serie, si è trasformata in una passerella triste per i protagonisti di una cavalcata che ha appassionato l’Italia. Quella di un comune di appena 20 mila abitanti che ha dimostrato che con la forza delle idee si può arrivare anche dove non arrivano i soldi: «Ma qualcuno ci ha tolto il nostro sogno – prosegue Stefano Marchetti – e non mi toglierà mai dalla testa nessuno che in undici contro undici eravamo in Serie A. Poi diranno che il Cittadella ha sbagliato partita, che non eravamo la solita squadra, ma nonostante tutto eravamo ancora lì. E lo dico con sincerità, se fossi il direttore di Milan, Juve o Inter Roberto Venturato sarebbe il mio allenatore. Sta facendo qualcosa di straordinario, un calcio per vero intenditori la cui portata non è stata ancora compresa. Speriamo che non ce lo portino via e che quel momento arrivo più tardi possibile».


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