La A? Prima c’è la salvezza. Chievo avanti a fari spenti

Vi ripropongo l’articolo che vede protagonista il presidente del ChievoVerona, a cui tengo molto, e che con gratitudine rispetto per la bella esperienza creativa che vivo all’interno di questa splendida realtà calcistica, che oltre al calcio mette in campo tradizione e gesti di solidarietà importanti per tutta la comunità Veronese.

Alessandro Cardi


Certe cattive esperienze lo avranno reso «più cinico» (ipse dixit) ma non per questo altre devono avergli tolto il gusto della sana commozione. Soprattutto se l’occasione, come quella di ieri, serviva per presentare (o ripresentare, aggiornata e arricchita) la storia del suo Chievo. Il club le cui vicende si intrecciano strette a quelle della sua famiglia e si identificano soprattutto con gli ultimi decenni della sua vita. A Veronello è il giorno di «1929 Chievo Verona – Una storia di passione», l’ultimo sforzo storiografico di Franco Bottacini, e a Luca Campedelli, presidente (pardòn: patron) del club della Diga tocca sporgersi nuovamente verso un microfono dopo un lungo periodo di silenzio per rivivere emozioni e raccontare pure un pezzo di se stesso attraverso la squadra. Per tornare al mitico 3-3 in casa della Juve o sperimentare nuovamente i patimenti degli esoneri («penso a Domenico Caso perché il primo no si scorda mai ma sono stati tutti sofferti); per rievocare i protagonisti del romanzo, i colpi mancati («Drogba e Cavani») e guardare con tono disincantato (e preoccupato) a un futuro – quello del pallone in generale – offuscato da un sacco di ombre.


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