Un vaccino contro la tristezza

Il vaccino dovrebbero trovarlo contro la tristezza.
L’impatto della pandemia sui nostri comportamenti e quindi sulle nostre relazioni è stato, ed è, feroce come una frusta di vento sulla pelle escoriata.

Il neologismo del 2020, (così lo cataloga la Treccani) “distanziamento sociale” è deleterio e da abolire.
Perché si è forzato sull’aggettivo “sociale” e non più correttamente su “sanitario” o “precauzionale”?
Di fatto, non sarebbe cambiato nulla, sempre distanti dobbiamo stare, ma l’uso di un aggettivo diverso avrebbe reso, e ancora oggi renderebbe, il nostro atteggiamento più orientato alla protezione e alla prevenzione collettiva. Alla cura dell’altro, anziché alla più estrema chiusura personale.

L’uomo è “sociale” per definizione, e vive in branco.
Ha una vita sociale.
Come si può convincerlo ad astrarsi dalla sua stessa natura e a rinnegare la sua stessa natura?

Inculcare nelle nostre teste il concetto di “distanziamento sociale” è stato come prendere un mitra e spararci addosso una raffica di paura.


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