Si chiama Fede

Si chiama Fede l’adesione libera e cosciente della propria intelligenza, fondata non sulle evidenze logiche o delle prove adottate (questa è la conoscenza scientifica) ma sulla parola di qualcuno che ci appare veritiero e credibile. Si può credere a vari livelli: ad esempio, per una semplice fede umana si crede, cioè si ritiene pur senza averne le prove dirette, ciò che viene insegnato a scuola sulla storia antica, su continenti lontani, su fenomeni complessi fidandosi della cultura e dell’autorevolezza delle fonti a cui accediamo.

Qualche volta il verbo credere si usa in modo improprio per indicare una semplice probabilità o per manifestare un’opinione ancora incerta: “credo che pioverà” o “credo che tu hai ragione”.

La fede religiosa è l’adesione libera e personale dell’intelletto e della volontà di credere, cioè per ritenere vere e certe quelle verità che si fondono sull’autorità e sulla verità stessa di Dio. Non è frutto dello studio e della ricerca anche se lo studio della Bibbia e della Teologia serve per capire meglio ciò che si crede: la fede religiosa è fidarsi di Dio quando si è certi che si è rivelato o si rivela.

La Bibbia chiama “obbedienza della fede” l’atteggiamento dell’uomo che crede e si abbandona fiducioso alla volontà di Dio. Obbedienza infatti deriva da ob-audire, cioè ascoltare e capire in profondità e perciò adeguando la volontà. Per fede Abramo chiamato da Dio obbedì partendo da un paese lontano senza sapere dove andava. (Eb 11,8).

Già l’antico Israele professava la sua fede in formule divenute tradizionali: “ascoltate Israele il Signore è nostro Dio, il Signore è uno solo” (Dt 6,4). La fede della Chiesa cominciò a esprimersi, prima ancora che nascessero i Vangeli, in formule brevi e sintetiche: “Vi ho trasmesso anzitutto – scrive l’apostolo Paolo ai cristiani di Corinto – quello che ho anch’io ricevuto: cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le scritture, fu sepolto e risuscitato il terzo giorno secondo le scritture” (1Cor 15-3,4). “Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore (cioè che è Dio) e crederai col tuo cuore che Dio lo ha resuscitato dai morti, sarai salvato” (Rm 10,9).

Anche il Vangelo registra una antichissima professione di fede: “Ammaestrate tutte le nazione battezzandole nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28,19) era forse la formula liturgica già maturata nella Chiesa primitive e ancora oggi ripetuta nel segno della Croce.

Credo o simbolo della Fede

La “professione di fede” ripetuta nella catechesi in preparazione al battesimo prendono il nome dal Credo, – dato che iniziamo normalmente con “Io credo” – o di Simbolo della fede.

La parola greca symbolon (mettere insieme) indicava la metà di una moneta o di un oggetto spezzato che si presentava come segno di riconoscimento: come dire che i cristiani si riconoscono “facendo combaciare” i simboli con la loro fede.

Il Credo detto anche Simbolo Apostolico riunisce in modo ordinato, in una forma divenuta ufficiale, le verità testimoniate dagli Apostoli (secondo una leggenda ciascuno degli apostoli ne avrebbero espresso una). Si tratta di un testo antico definito anche “il primo catechismo romano” o il simbolo battesimale della Chiesa di Roma. La professione della Chiesa si fonda sulle parole di Gesù Cristo, affidata alla testimonianza degli apostoli, custodita dalla memoria viva della Chiesa e poi fissate nelle pagine ispirate del Nuovo Testamento.

Lo Spirito Santo illuminò la chiesa apostolica che raccoglieva nel Credo la verità da credere e che fissava nei vangeli la memoria autentica del messaggio di salvezza che Gesù le ha affidato.

Successivamente si formulavano altre professioni di fede: ricordiamo particolarmente il Credo più lungo e complesso detto niceno-costantinopolitano che riporta nei primi concili ecumenici di Nicea (325) e di Costantinopoli (381): è quello rimasto nella liturgia perciò si ripete anche oggi in tutte le chiese durante la messa domenicale e festiva.

Il riconoscimento in occidente

A partire dal Medio Evo questo simbolo apostolico fu riconosciuto e apprezzato nella confessione della fede dei cristiani. Lutero nei suoi catechismi spiega questa confessione come una delle massime espressioni della sua Riforma.

Il testo base da cui scaturisce il testo che conosciamo si ritrova sul “Catechesimus Romanus” che è stato auspica durante il concilio di Trento e pubblicato da Pio V nel 1566. Il testo recita così: “i cristiani devono mantenere soprattutto i capi e maestri, i santi apostoli per ispirazione dello Spirito Santo che ha suddiviso in 12 articoli di fede. Essi hanno ricevuto dal Signore l’incarico di andare nel mondo e annunciare il vangelo. Perciò ritennero opportuno comporre una fede cristiana, affichè tutti credessero e confessassero le stesse realtà e non sorgessero alcune divisioni tra coloro che sono chiamati nell’unità di fede.”

Struttura del simbolo

Questa preghiera è sorta a partire dalle domande battesimali sulla fede di Dio. Nel vangelo di Matteo – uno dei tre sinottici – testimonia la formula battesimale in tre momenti distinti.

  • Il battezzando esprimeva la propria fede in Dio che ha creato il mondo in Gesù Cristo,
  • il Figlio che ha redento gli uomini,
  • e l’azione dello Spirito Santo nel battesimo e nella Chiesa.

La Chiesa confessa il Dio trinitario, non come un Dio astratto che riposa in se stesso, ma come il Dio che come Padre, Figlio e Spirito entra in contatto attivo con l’uomo. Perciò la confessione ricorda la venuta del Figlio dal Padre nel suo agire nella storia e testimonia l’opera dello Spirito Santo nella comunità.

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