Il falso mito di Intelligenza Artificiale

I sensi attivi sono superiori alla materia inerte, ma superiore ai sensi è la mente, e superiore alla mente è l’intelligenza. Ma ancora più elevata dell’intelligenza è l’anima.

Bhagavad Gita, III. 42

Nell’ambito della profetizzata Quarta Rivoluzione Industriale un posto d’onore spetta alla AI: acronimo di Intelligenza artificiale. Si tratta della propaggine dell’informatica che si occupa della possibilità teorica e pratica di implementare sistemi e algoritmi con prestazioni che, a un osservatore comune, sembrerebbero essere di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana.

Per quanto gli sviluppi dell’informatica siano sorprendenti, l’intelligenza artificiale pura, nel suo pieno dispiegamento, e quindi non parziale, o limitata, dovrebbe sorgere davvero solo al raggiungimento della cosiddetta “Singolarità tecnologica”: cioè il punto teorizzato da certi futurologi, come Kurzweil, oltre il quale la tecnologia si slega e si rende indipendente e autonoma dalla progettazione umana (uno scenario con cui da decenni alcuni filoni di fantascienza, da Terminator a Matrix ci avrebbero già familiarizzato). Che una simile eventualità possa mai verificarsi o essere solo una possibilità teorica, o che addirittura sia una impossibilità di fatto o logica, è tema tuttora dibattuto, oggetto di interesse filosofico e per le scienze di confine.


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